I dati ISTAT mostrano che le realtà imprenditoriali (da 3 a 9 persone) in Valle d’Aosta, Umbria e Sardegna sono in buona parte femminili, in Lombardia le imprese femminili sono circa il 20% mentre in Veneto, Emilia Romagna e Lazio sono circa il 10%.
Le attività di servizio son quelle che si tingono più facilmente di rosa, tra le quali spiccano istruzione, agenzie di viaggio, attività di noleggio, alloggi e ristorazione. Ma aumenta anche la concentrazione di donne su attività più maschili come le attività finanziarie, assicurative e di brokeraggio, mentre ambiti un po’ più complicati da affrontare sembrerebbero essere settori come il manifatturiero e quello delle costruzioni. La presenza delle imprenditrici in Italia è dovuta anche alla diffusione di aziende avviate da donne provenienti dall’estero, le quali hanno incrementato lo sviluppo delle idee imprenditoriali del 18%.
Rispetto alle aziende maschili, quelle femminili si caratterizzano tendenzialmente per una struttura più semplice ed una dimensione meno ampia. Inoltre, le donne imprenditrici presentano tratti precisi che le contraddistinguono dagli uomini:
- nella maggior parte dei casi sono giovani o molto giovani: 6 su 10 non hanno ancora compiuto 40 anni, 1 su 4 ne ha meno di 30 ed il 6,5% è studente;
- prevale un alto livello di istruzione: il 21% possiede una laurea (16% per gli uomini) ed il 46,7% ha un diploma (44,7% per gli uomini);
- esperienza precedente in altra azienda: 18,8% donne, 14,3% uomini.
Ancora, tra le imprese al femminile prevalgono investimenti compresi tra 5.000 e 30.000 euro, ma ci sono anche casi più estremi: oltre i 100.000 euro per l’1,8% donne vs il 21,1% uomini; meno di 5.000 euro per il 44,8% donne vs 54,2% uomini.
Questa la situazione ad oggi, grazie anche ai diversi strumenti agevolativi che l’Italia offre per coinvolgere le donne nell’imprenditoria.
Ma all’ormai datata Legge 215 sull’imprenditoria femminile del Ministero delle Attività Produttive – che mette a disposizione vari strumenti finanziari come contributi in conto capitale erogati a fronte di un investimento iniziale – oggi viene quasi integralmente sostituita da strumenti agevolativi pubblici e privati, regionali e nazionali, rivolti alle start-up innovative per aspiranti imprenditori e microimprese o PMI già attive da non più di un anno. Le agevolazioni per imprese femminili fini a sé stesse vanno ormai estinguendosi, mentre vanno completamente ad integrarsi all’interno di bandi più specifici rivolti, appunto, alle startup innovative. Tra queste compaiono talvolta – tra le voci per l’assegnazione di punteggi – dei punti aggiuntivi per le composizioni aziendali a prevalenza femminile.
Le startup innovative femminili sono ancora una ristretta minoranza sia nel nostro Paese sia in Europa – ha sottolineato Ornella Gambarotto, Presidente del Comitato dell’Imprenditoria della Camera di Commercio di Como – Riteniamo dunque molto importante prestare particolare attenzione alle donne che, sia per formazione che per esperienza personale, si trovano in una condizione di “svantaggio” nella creazione e nell’avvio di nuove imprese innovative.
Insomma, il tema delle agevolazioni per l’imprenditorialità femminile è diventato obsoleto, in quanto il concetto di donna imprenditrice è gradualmente integrato, spostando il focus da una cultura di “genere” ad una cultura che sostiene le idee innovative, esortando le donne ad uscire da un luogo comune di discriminazione e inferiorità e invitandole a presentare con forza idee imprenditoriali che prevedano lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi rispetto a quelli già presenti sul mercato, utilizzando le nuove tecnologie sia per apportare un miglioramento di processi produttivi sia per introdurne di nuovi con caratteristiche migliorative rispetto a quelle esistenti.
Sono molte le idee interessanti negli ultimi anni, che grazie ai diversi strumenti agevolativi e agli incubatori d’impresa vengono in questo modo accompagnate nel loro percorso imprenditoriale.
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